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13/01/2013 11:01
LA BALLATA DELL'EMIGRANTE Peppe Basile COLLETTIVO TEATRO FOLK (Testo e musica di PEPPE BASILE)
1. Estratto dal saggio "Sull'emigrazione"

La prima emigrazione italiana su vasta scala fu quella degli anni del "Secondo Impero", in seguito allo sviluppo del sistema capitalistico e della grande industria, negli stessi anni nei quali fu realizzata l'unità d'Italia: un vero e proprio esodo verso i paesi del nord Europa e transoceanici. Il grande flusso migratorio che dissanguò il Mezzogiorno d'Italia di milioni di lavoratori, oltre che di intelligenze e di capacità tecniche, fu un dramma non soltanto umano, ma anche politico, voluto da un' "intelligentia" politica conservatrice e classista. La nuova politica giolittiana di neutralizzazione del movimento operaio settentrionale e di inserimento delle forze di opposizione nella ragnatela del sistema, comportò una netta e funzionale discriminazione ai danni delle masse popolari del Sud, i cui moti di classe furono barbaramente repressi. I ceti popolari furono programmaticamente emarginati dalla partecipazione alla vita politica e alla direzione del paese, il Sud, in relazione al nuovo sviluppo capitalistico dell'economia nazionale, fu costretto a contribuire alle fortune economiche della borghesia settentrionale e dello stato, sia attraverso l'allentamento della pressione popolare e l'apporto finanziario resi possibili proprio grazie al fenomeno dell'emigrazione, sia mediante il consenso politico agli indirizzi dei gruppi egemoni da parte dei ceti dominanti meridionali. Al di là della speranza di una vita diversa, di una condizione umana migliore, in altri paesi, tra altra gente, fu l'impossibilità a reggere un'esistenza senza prospettive e senza futuro nella propria terra che spinse le masse meridionali ad abbandonare i paesi, le campagne, le montagne. L'emigrazione non fu una libera scelta ma una soluzione obbligata riguardo ad un problema economico-sociale nonché esistenziale, intollerabile e altrimenti irresolubile. Ininterrottamente, anno dopo anno, dalla fine dell'ottocento in poi, milioni di lavoratori e intelligenze del Sud partirono: non trattenuti, ma incoraggiati dallo Stato.Se da un lato la maggior parte degli emigrati italiani venne utilizzata come forza-lavoro dalla nascente industria, d'altra parte questa emigrazione, nei suoi aspetti indubbiamente minori ma anche più vistosi e senza dubbio essenziali al fine della creazione degli stereotipi, trovò sbocco in una miriade di mestieri minori che si esplicavano ai margini della produzione capitalistica. Accanto ai mestieri usuranti e pericolosi troviamo i caurarai(di Agnone Cilento), i piccoli spazzacamini, i cui complimenti piacevano tanto a Madame Récamier, frivola salottiera nell'epoca del Direttorio. Erano gli anni dei "saltimbanchi" (soggetti preferiti nelle opere di Dario Fo), dei tosacani, dei lustrascarpe (meglio ancora conosciuti come "sciuscià"). Più carica di significati è rimasta l'immagine pittorica del musicante italiano che percorre le strade di periferia con una piccola troupe d'animali ammaestrati, un'immagine resa eterna dal Vitalis di "Senza famiglia" di Hector Malot. Questi musicanti ambulanti erano originari dalla Basilicata, di Viggiano, molto significativo è il canto riportato dal Parzanese "In ogni terra ritrovo il mio paese" (I Canti del Viggianese). Nell'ambito di questa serie di mestieri minori va poi inquadrato un problema d'ordine più generale: quello dello sfruttamento del lavoro dei minori, che il romanzo di H.Malot propone con un linguaggio appena sfumato. Tutti questi mestieri inventati per esorcizzare la fame, era in genere occasione per un vero e proprio commercio di mano d'opera in nero, con un sistema di tratta assai simile al coolie-bondage. La linea di tendenza della realtà odierna non è mutata più di tanto rispetto alle incresciose vicende del passato.Gli anni dell'ubriacatura del pensiero unico e dell'illusione di una globalizzazione inarrestabile foriera di benessere per tutti, rivelano in maniera ancora più drammatica il rovescio della medaglia. Giorno dopo giorno diventano clamorosamente evidenti gli effetti drammatici del capitalismo neoliberista e l'insostenibilità di un modello di sviluppo che assume come unico valore la libertà economica. Le politiche liberiste, governate dalle grandi banche, non hanno prodotto sviluppo e migliori condizioni di vita per tutti, hanno invece generato squilibri e disuguaglianza, nessun futuro per i giovani e disastro ambientale. L'uso irresponsabile delle risorse sta mettendo a rischio la stessa sopravvivenza del pianeta. La negazione dei diritti e della dignità di persone di cui sempre più spesso sono vittime gli emigranti di oggi sono diventate un paradigma delle contraddizioni di questo tempo. Come ieri, quando il loro viaggio di speranza non termina in fondo al mare,i nuovi esuli sono il più delle volte destinati ad essere sfruttati, vittime di un nuovo schiavismo ancora più cinico e indifferente, condannati alla marginalità sociale e all'assenza di qualsiasi possibilità di riscatto. PEPPE BASILE
 
13/01/2013 11:00

2. CONSIDERAZIONI

Di fronte al profondo senso di insicurezza determinato da una globalizzazione sregolata, la società contemporanea sembra essere pervasa dalla tendenza a rifugiarsi nelle certezze delle identità chiuse, nell'affermazione esasperata delle identità culturali e religiose contrapposte ad altre identità, nei nazionalismi e nei fondamentalismi, nei nuovi protezionismi. C'è il serio rischio che le interdipendenze del villaggio globale possano trasformarsi in conflitti esasperati tra culture, religioni, classi sociali, paesi, nazioni. Cultura forcaiola e giustizialista, cultura della violenza - dietro la demolizione pseudodemocratica delle formalità, della cortesia e della conversazione inutile e sospetta, dietro l'apparente chiarezza e trasparenza dei rapporti umani, che non tollera più nulla di indefinito, si annuncia la pura brutalità, la violenza nuda e cruda, la prepotenza, il ricatto, le minacce. La parola diretta, che senza dilungarsi, senza esitare,senza capire, senza riflessione, ti dice in faccia come stanno le cose, ha già la forma e il tono del comando che, sotto il fascismo, oggi come ieri, i muti trasmettono ai muti. La semplicità e oggettività dei rapporti, che elimina ogni orpello ideologico tra gli uomini, è già diventata un'ideologia in funzione della prassi di trattare gli uomini come cose - intolleranza e inutili guerre diventano oggi il simbolo di una politica irresponsabile, malamente machiavellica e finalizzata ai propri tornaconti. L'alternativa non può che essere la radicale messa in discussione della cultura che sta dietro al pensiero unico neoliberista. A quasi un secolo dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo, riemerge con drammatica urgenza il tema dell'universalità dei diritti, politici e sociali. Emerge la necessità di un'idea di sviluppo che assuma come limiti invalicabili i diritti umani, il lavoro, la sostenibilità ambientale. Emerge la necessità di una sicurezza comune e interdipendente, fondata sulla rimozione della minaccia verso gli altri come condizione della sicurezza per sé. Si avverte l'urgenza di progettare un nuovo sviluppo che sia in grado di restituire all'economia mondiale una base di legalità in grado di garantire dignità a tutti i popoli e a tutta l'umanità. La politica di oggi, sempre più asservita agli interessi economici delle grandi multinazionali, sembra aver concesso al nuovo concetto di economia globale, la totale sovranità. Questi padroni dell'economia, padroni delle guerre, padroni del mondo, sembrano dimenticare con molta disinvoltura che milioni di bambini, quelli più fortunati, hanno il pane solo ogni tanto, perché gli altri sovente lasciano la testa in un filo spinato.
Ci piace in questo contesto dare voce a don Milani, che certi preti e filopreti, dc, fascisti e padroni preferirono soffocare nel silenzio o nella calunnia; ci piace ricordare le sue parole: "[..]l'ingiustizia sociale non è cattiva perché danneggia i poveri, ma perché offende Dio. E' la ricchezza e non la povertà che è un'offesa a Dio"[..] Risultato di tale ordine è alla fine una società che sembra ormai pervasa da un profondo senso di sfiducia nella politica, da un pessimismo assoluto che non è generato ancora dall'assolutezza delle paure che sono dentro di noi, ma dalla disperazione interiorizzata per la complessa, profonda crisi che sta dilaniando e devastando in particolare gli strati meno abbienti del popolo italiano e del mondo intero. La soglia dello stupore ha toccato terra di fronte a una catastrofe etica e culturale di tale proporzione. L'umiliazione e la derisione dell'intelligenza, della cultura, dell'etica, del senso del bene comune e della giustizia, la distruzione satrapica del rispetto per tutti gli uomini che ne hanno condiviso l'emancipazione e il valore, la spudoratezza della volgarità e del disprezzo dell'arte e del bello, l'arroganza dell'arrivismo e la sfrontatezza del malaffare, l'ostentazione di ricchezze inesauribili di fronte a una povertà così dilagante, l'aggressiva rincorsa all'impunità che lorsignori chiamano garantismo, la cinica distruzione del senso e il furto del futuro per i giovani insieme all'illusionismo di troppo facili ascese e quanto altro ci tocca vedere, suscitano frustrazione e un senso di sgomento che paralizzano l'interiorità prima ancora che l'azione, offendono l'intelligenza, spengono ogni speranza, e insieme alla speranza ogni possibilità di cambiamento, ogni possibilità di mediazione tra il mondo reale e quello più profondo del nostro essere. PEPPE BASILE

3. CONCLUSIONI (Brevis in forma di Mi Longa)

Il radicalismo del rifiuto sommario e non impegnativo non è una malattia infantile, quanto piuttosto debolezza senile di coloro che sono decrepiti e impettoriti. Senza essere a terzi inferiori nella capacità di giudizio circa le condizioni che portano a quella che è la stupidità umana dominante, e senza farsi illusioni che il sistema si lasci cambiare con correzioni tenaci e costanti, si dovrebbe contribuire con quanti più accorgimenti possibili al fine di migliorare. Questi contributi non si sommeranno tutti insieme per la liberazione del pianeta, ma costituiranno a questo scopo dei modelli. PEPPE BASILE

(Estratto dal saggio "Sull'emigrazione", 'Sociologia della letteratura' - 'Sociologia della musica') Napoli 13.09.2010
 
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VIDEO - La ballata dell'emigrante


VERDE AULIVA Peppe Basile Collettivo Teatro Folk


Notizie sul brano: Verde Auliva, versione originale dal L.P. "Chesta Matina" Collettivo Teatro Folk, rimasterizzato e inserito nella raccolta Collettivo Teatro Folk "trent'anni di storia" 1975-2005 vol.1°, Edizioni Musicali Rosso Al Tramonto, Roma, Studi Zeus Rec. Napoli, è sicuramente una delle più belle musiche composte da PEPPE BASILE che in una recente presentazione e descrizione del brano dice: [..] "Una versione narrativa tipica dei canti trobadorici - fictio rethorica musicaque poita -, con qualche sfumatura celtica nella melodia alla fine del periodo musicale con una misura incompleta. Avevo pensato di chiudere il periodo con una misura composta derivante dalle precedenti misure semplici avendo come unità di tempo o di divisione un valore composto, ma codesta soluzione avrebbe malamente danneggiato il gusto estetico della composizione tutta. La succitata risoluzione, definitiva, conferisce al brano una spontaneità espressiva, una razionalità e domabilità tecnica accessibile e graziosa per i fruitori del messaggio, dato che per l'immaginario collettivo dominante le atrocità del cattivo gusto sensazionalistico mettono allo scoperto le sfaccettature del fondo barbarico dell'estetica della cultura; con cipiglio provocatorio aggiungo che un canto popolare sardo o una pizzica salentina possono determinare lo stesso stato emotivo di un notturno di Fryderyk Chopin. L'occhio è un organo sempre al servizio della concentrazione, esso interpreta univocamente il determinato, al suo confronto l'orecchio ha qualcosa di irricettivo. E' insito nella percezione acustica come tale, incomparabilmente di più che nella percezione ottica, un momento di arcaica collettività. Per lo meno due degli elementi basilari di questa composizione, la melodia armonico-popolare non contrappuntistica e la sua articolazione ritmica, rimandano direttamente ad una moltitudine secondo il modello delle comunità arcaiche come al suo solo soggetto possibile. Questa diretta relazione con il collettivo, connaturata al fenomeno, è verosimilmente connessa alla profondità dimensionale, al sentimento globale, alla fusione del singolo con tutto quello che trae origine dalla musica, senza confini, che procede in antitesi con la determinatezza delle cose e che si pone in contrasto anche con l'univocità, con il concetto. Una storia, una vita raccontata o cantata, riesce ad essere credibile soltanto attraverso la sensazione nella quale la normale quotidianità da cui proviene esplode e proprio nel caso della verità artistica fa riconoscere le tensioni che l'immagine del normale, mediocre quotidiano nasconde" [..]

PEPPE BASILE

Il brano fu presentato per la prima volta in pubblico dal Collettivo Teatro Folk nel 1975, alle Cascine di Firenze, nell'ambito del Festival Nazionale De' L'Unità. Una particolare interpretazione di Peppe Basile con il solo accompagnamento di una rudimentale chitarra acustica dal suono arcaico e cristallino, costruita in Sicilia negi anni 60 da Carmelo Catania. Registrato alla Zeus Rec. di Napoli nel 1976, non entrò nella compilation del 1° L.P. del Collettivo Teatro Folk "Io pezzente contadino", pur facendo parte dello stesso gruppo di registrazioni di quel disco, ma fu inserito nel 1979 nella colonna sonora delle trasmissioni inchieste di RAI Uno "I discorsi e la farina", regia di Maurizio Rotundi. Nel 1980 "Verde auliva" fu inserito nel 2° L.P. del Collettivo Teatro Folk " Chesta matina", brano n.5 a chiusura del Lato A. Divenne un vero e proprio cavallo di battaglia come era successo per il 1° L.P. con "La ballata dell'emigrante", "Mercato del lavoro" (Ediz. Rai Trade), "A Nucera a San Marzano", "Figliule ca 'nce jate a la Maronne", "'O padrone mie è 'nu lione", "Signori" [..] Registrato e rimasterizzato nel 2007, sempre alla Zeus Rec. di Napoli, è la traccia n.5 nel cofanetto "Trent'anni di storia" Collettivo Teatro Folk vol.1°. Grazie a Peppe Basile per la cordiale disponibilità.
Jaseram and Willy
Centro Studi: Collettivo Teatro Folk - Zed
(Ente Socio Culturale) energie solidali, diffusione cultura popolare - ( "Trent'anni di storia", scarica gratis i file dal sito www.collettivoteatrofolk.it) - Edizioni Musicali Rosso Al Tramonto Roma - Studi di Registrazione ZEUS Rec. Napoli
 

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